Ugo Foscolo Vita e Opere

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  1. kekko350z
     
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    Ugo Foscolo


    Vita:
    La personalità di Ugo Foscolo è all’insegna della contraddizione, oscilla tra stati d’animo opposti, e la sua poesia porta i segni di questo squilibrio e della nuova condizione di intellettuale, che fa i conti con la propria autonomia.
    Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zante, un’isola nello Ionio, allora appartenente alla repubblica Veneta. La nascita in un’isola legata alla cultura greca ha un certo rilievo nell’amore per il mondo classico. Nel ’93 raggiunge la madre a Venezia, è un adolescente ma alla lingua materna, il greco, aggiunge preso un possesso profondo dell’italiano e delle grandi lingue classiche. Ha modo di farsi apprezzare nei prestigiosi ambienti letterari veneziani. Si impegna a favore della Francia rivoluzionaria ed è costretto a lasciare la città. Quando Napoleone cede Venezia all’Austria con il trattato di Campoformio, le posizioni ideologiche del giovane poeta falliscono. Si sposta a Milano e pubblica le “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, l’ode “A Luigia Pallavicini caduta da cavallo”. Tra il 1802-03 pubblica varie edizioni delle “Poesie”: che comprende 12 sonetti e 2 odi. Nel marzo del 1805 conosce a Parigi Manzoni, incontra Pindemonte, al quale dedica il poemetto “Dei Sepolcri”. Viene nominato professore di eloquenza latina e italiana all’università di Pavia. Foscolo passa da una polemica all’altra, viene censurata la tragedia “Ajace” poiché vengono ravvisati riferimenti polemici a Napoleone e al governo francese.
    Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia , si dedica alla difesa del regno Italico nella sollevazione di Milano. Fugge in esilio, prima in Svizzera, poi in Germania e infine in Inghilterra. Sarà il periodo più duro per il poeta in cui emergono i due aspetti della sua personalità: il rispetto dei propri ideali e la dignità nella vita; e la ricerca del lusso e il temperamento polemico. Ai problemi di salute si aggiungono problemi economici, viene aiutato dalla figlia e dai pochi amici, ciò nonostante riesce a produrre una quantità di scritti: Lettere dall’Inghilterra, ultimi ritocchi dell’Ortis, le Grazie, la Lettera apologetica (appassionata difesa della propria coerenza politica). Muore nel settembre del 1827.
    Dall’illuminismo Foscolo deriva una visione laica della storia e della società, nonché una solida prospettiva materialistica. Vede l’intellettuale una coscienza collettiva. Politicamente assume i tratti di un inquieto giacobinismo e di una carica pessimistico-negativa nei confronti delle strutture sociali esistenti. Egli attribuisce alla poesia la gestione eroica dei grandi valori di civiltà (Parini) e inoltre critica il potere reale e la borghesia per la loro incapacità di trasformare i valori particolari in valori generali (Parini e Alfieri).

    Le Ultime lettere di Jacopo Ortis
    La composizione di quest’opera impegnò il poeta dai diciott’anni per tutta la vita, la versione definitiva apparve a Londra nel ’17. Dall'adolescenza alla maturità, nel corso delle diverse redazioni, le lettere che il ribelle Jacopo indirizza all'amico Lorenzo Alderani, vanno così adeguandosi al mondo interiore dello scrittore e alla sua vitalità passionale impetuosa e desiderosa di imporre il proprio individuale «sentire». E Jacopo appare sì un tragico eroe alfieriano, ma un eroe alfieriano che con tutta la sua assoluta ansia di libertà contro la tirannide, scende dalle remote e mitiche scene, e viene a vivere e a morire nell'Italia borghese, prosaica e antieroica dell'ultimo Settecento. Al tramonto del mito napoleonico e delle grandi speranze libertarie e ugualitarie, il tragico scontro con i limiti imposti dalla realtà presente si consuma, infatti, in un'Italia «schiava, denudata, venduta» e in una società storica e umana «foresta di belve». Sono costituite de una raccolta ordinata di lettere indirizzare da Jacopo all’amico Lorenzo Alderini, e alcune all’amata Teresa e ad altri. La vicenda si snoda tra delusioni politiche e amorose e termina con il suicidio del giovane Jacopo. La sintassi è percossa da continue esclamazioni, per favorire la complicità con il lettore.

    I Sonetti e le Odi
    Il canzoniere comprende 12 sonetti e 2 odi composti tra i venti e i venticinque anni. L’ode a Luigia Pallavicini caduta da cavallo si ricollega al gusto arcadico, All’amica risanata, dedicata all’amante del poeta, è caratterizzata da una sensualità malinconica e da una raffinatezza neoclassica, la bellezza della donna corrisponde alla bellezza della poesia. Il modello del canzoniere è senza dubbio simile a quello petrarchesco, ma risulta decisiva la lezione pariniana per le odi e quella di Alfieri per i sonetti. I temi sono vari: amoroso, politico-culturali, e la tendenza all’autoritratto, e la psicologia foscoliana all’insegna tra tensione e conflitto che si percepisce nei 4 sonetti ultimi: Alla Sera, A Zacinto, Alla Musa e In morte del fratello Giovanni.

    Le Grazie
    In quest’opera le due tendenze della poesia foscoliana risultano divise e non complementari, come accade invece nella produzione delle grandi opere. Le due tendenze sono: il confronto diretto con il presente(produzione civile) e la fuga verso un’idea astorica e assoluta dell’arte (scrittura raffinata). A cause del rientro a Milano e dei burrascosi eventi, il poema rimase incompiuto. È strutturato in tre parti, tre inni distinti: a Venere, a Vesta e a Pallade. Il primo dedicato all’apparizione di Venere nel mare greco e delinea la nascita della civiltà greca classica. Il secondo inno a Vesta rappresenta il passaggio delle Grazie dalla Grecia all’Italia, il poeta raduna tre donne a Firenze, celebrando la bellezza della civiltà italiana. Nel terzo inno, che si presenta più degli altri in forma di abbozzo, descrive la fuga delle Grazie nella mitica Atlantide, per l’imbarbarimento degli uomini e il degradamento del mondo. Emerge un sentimento tragico della negatività del presente, della precarietà della condizione umana, e la bellezza serva a dare coerenza al passato, riscatto al presente e senso al futuro.

    Dei Sepolcri
    La composizione del carme avviene tra il 1806 e il 1807. Proprio in quel periodo viene esteso all’Italia l’Editto di Saint-Cloud, il quale stabiliva il divieto di seppellire i morti all’interno delle zone abitate e l’obbligo di prevedere la sepoltura in cimiteri extraurbani. L’idea di questa nuova opera nacque molto probabilmente per suggestione da una discussione avuta con Pindemonte (dedicatario dell’opera, che scrive un testo simile) e con altri amici sul tema delle sepolture.
    Il testo può essere considerato un carme, una raccolta di epistolae o un poemetto filosofico. È costituito da 295 endecasillabi, ed è divisibile in quattro parti. Nella prima parte affronta il tema dell’utilità delle tombe e dei riti dedicati ai morti. Chiarisce l’inutilità dal punto di vista materialistico e laico ma sottolinea il senso legato alla dimensione sociale dell’uomo e ai superstiti che lo piangono e lo ricordano (porta l’esempio di Parini che non è stato seppellito come meritava). Nella seconda parte descrive i vari culti nel corso della civiltà. La terza parte tratta il significato pubblico e privato, come le tombe dei grandi comunicano il loro esempio per stimolare i superstiti a proseguire l’opera (esempio di Alfieri). La quarta parte, conclusiva, è introdotta da un esempio mitico: il mare depose sulla tomba di Ajace le armi di Achille. Una funzione centrale è assegnata alla poesia, che come la tomba celebra le virtù presenti e antiche per conservare il ricordo.
     
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